Quando acquistiamo un pacchetto di gomme da masticare al supermercato, raramente ci soffermiamo oltre le scritte in grassetto che promettono denti più bianchi, alito fresco o l’assenza di zucchero. Dietro queste confezioni colorate si nasconde un elenco di ingredienti la cui natura e provenienza non sempre è trasparente. Le diciture “edulcoranti” o “aromi” rappresentano categorie ampie che spesso non vengono dettagliate sulle confezioni, come consentito dalla normativa vigente.
Il gioco delle etichette incomplete
La normativa europea obbliga i produttori a elencare gli ingredienti nei prodotti alimentari, tuttavia permette l’utilizzo di termini generici come “aromi” o “gomma base” senza la necessità di specificare la composizione dettagliata di queste miscele, salvo il caso in cui siano presenti allergeni. Questo può rendere difficile per noi consumatori comprendere realmente cosa stiamo acquistando.
Le gomme da masticare moderne contengono frequentemente dolcificanti come aspartame, acesulfame K, sorbitolo, xilitolo e mannitolo. La specifica provenienza delle materie prime o i dettagli sul processo di produzione di questi composti generalmente non sono indicati in etichetta. L’aspartame, per esempio, è prodotto da sintesi chimica o fermentazione a partire da determinati aminoacidi, processo ben noto nell’industria alimentare ma raramente comunicato al consumatore finale.
I dolcificanti artificiali e la questione della trasparenza
L’aspartame può essere prodotto mediante processi chimici o tramite fermentazione con microrganismi, anche geneticamente modificati. Secondo la normativa europea, però, non è richiesto indicare in etichetta il processo produttivo specifico. Questa mancanza di trasparenza impedisce di fare scelte pienamente consapevoli quando ci troviamo davanti allo scaffale.
Lo xilitolo viene presentato come alternativa naturale perché può essere ottenuto dalla corteccia di betulla o da residui di mais. Nella pratica industriale, la sua principale fonte è il mais, talvolta geneticamente modificato, soprattutto per motivi di costo ed efficienza produttiva. La differenza tra le fonti vegetali come la betulla e le coltivazioni intensive di mais incide sia sull’impatto ambientale sia sulla percezione di salubrità , ma queste informazioni raramente arrivano a chi compra.
La base gommosa: un segreto ben custodito
La composizione della “gomma base” è protetta come segreto industriale. Secondo la normativa europea, può includere polimeri sintetici derivati dal petrolio come poliacetato di vinile e poliisobutilene, elastomeri come il butadiene-stirene, resine naturali o sintetiche non specificate, emulsionanti e plastificanti dalla composizione non dichiarata, oltre a cere di origine animale, vegetale o minerale.
Questi ingredienti vengono dichiarati genericamente come “gomma base” in etichetta, senza specifica ulteriore, in conformità con la legislazione sugli additivi alimentari. Chi è attento alla sostenibilità o ha restrizioni dietetiche non può determinare la natura della gomma base semplicemente dalla lettura dell’etichetta.

I claim salutistici: tra marketing e scienza
Le affermazioni come “protegge i denti” o “favorisce l’igiene orale”, quando presenti in etichetta, devono essere supportate da evidenze scientifiche secondo la normativa europea. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare riconosce che la stimolazione salivare derivante dalla masticazione di gomme senza zucchero può contribuire a ridurre il rischio di carie e a favorire l’autopulizia orale.
Tuttavia, questo non implica che il prodotto nel suo complesso sia “sano”, poiché contiene comunque ingredienti di origine sintetica o industriale. Le dichiarazioni creano un alone di salubrità che può distrarre l’attenzione dalla reale composizione del prodotto. Gli “aromi” possono includere una vasta gamma di composti, ma la distinzione tra “aromi naturali” e “aromi artificiali” non sempre viene specificata al dettaglio, salvo che il produttore voglia proporre una dichiarazione di purezza o naturalità .
Cosa possiamo fare per informarci meglio
Di fronte a questa situazione, esistono strategie pratiche per ottenere maggiore trasparenza. Possiamo contattare direttamente i servizi consumatori delle aziende per richiedere informazioni aggiuntive sulla provenienza degli ingredienti, preferire prodotti che volontariamente forniscono informazioni oltre il minimo richiesto per legge, consultare banche dati ufficiali degli additivi alimentari gestite dall’EFSA o dal Ministero della Salute per approfondire la natura dei codici E, e sostenere iniziative legislative volte ad aumentare la trasparenza in etichetta.
La trasparenza come diritto fondamentale
Il diritto a informazioni complete e trasparenti sugli alimenti è riconosciuto dalla normativa europea, che pone particolare attenzione alle esigenze di chi soffre di allergie, segue diete speciali o desidera fare scelte sostenibili. La normativa attuale lascia però ampia discrezionalità sulla specificità delle indicazioni in etichetta, tutelando anche certi segreti industriali a vantaggio della concorrenza.
Questo equilibrio tra trasparenza e tutela del know-how produttivo rimane tema di dibattito tra istituzioni, associazioni dei consumatori e industria alimentare. Chi ha particolari esigenze alimentari o vuole fare scelte informate trova oggi ancora ostacoli nell’accesso a tutte le informazioni rilevanti, nonostante i progressi significativi della legislazione negli ultimi anni.
La prossima volta che ti troverai davanti allo scaffale delle gomme da masticare, ricorda che l’etichetta racconta solo una parte della storia. La filiera produttiva e la composizione dettagliata dei prodotti restano spesso parzialmente opache, e la richiesta di maggiore trasparenza è fondata sia dal punto di vista legale che da quello etico. Sapere cosa mastichiamo non dovrebbe essere un privilegio, ma una normalità che il sistema attuale ancora non garantisce pienamente.
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